di Edoardo Lalicata
Quest’anno, noi alunni del secondo liceo, abbiamo iniziato a studiare in modo più approfondito “I Promessi Sposi”. Questo è un capolavoro della letteratura italiana di Alessandro Manzoni. Nella prima parte del racconto, Manzoni ci descrive in modo molto dettagliato il luogo. Subito dopo inizia con la descrizione del primo personaggio: Don Abbondio. Tornando a casa, incontra i bravi (coloro che nel 1500 e nel 1600 proteggevano il loro padrone) e capì subito che stavano aspettando proprio lui. Don Abbondio decise di andare da loro fingendosi coraggioso e i bravi iniziarono il discorso. Il loro padrone voleva impedire il matrimonio tra Lorenzo (Renzo) e Lucia. Quando Don Abbondio chiese chi fosse il signore che aveva mandato loro, i bravi risposero con il nome di Don Rodrigo. Il povero curato capì così che non c’era niente da fare, quindi tornò a casa da Perpetua. Dopo questo episodio si parlerà della vita di Don Abbondio, ma non voglio rivelarvi nulla della trama, altrimenti offuscherei il piacere di leggerlo.
Parliamo invece dei punti forti del libro: il paesaggio è ben descritto con i tratti reali di quell’epoca, i costumi e le tradizioni sono ben definite e ogni personaggio prende un posto preciso all’interno della trama. Purtroppo il libro presenta anche dei punti deboli: tanto per cominciare i personaggi sono così tanto caratterizzati da occupare pagine e pagine di descrizioni in ogni capitolo; il tempo della storia, inoltre, è spesso oggetto di lunghe pause che rallentano il ritmo della lettura. Avete due strade: abbandonare l’idea di leggere questo romanzo ancor prima di iniziare o mettervi con santa pazienza a leggere tutti i dettagli e le digressioni in cui Manzoni si è dilungato. Senza dubbio la prima è un’opzione più semplice, ma così non scoprirete mai i messaggi di giustizia, amore, fede e bontà che questo libro ci ha lasciato e per i quali Renzo e Lucia meritano di essere ricordati a lungo.